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1980 - Milano (Prima Rass
Eric Montbel
1980  Locandina Rassegna
Naftis e Lainakis
Francesco Splendori

Prima Rassegna di Musica a Bordone

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Si tratta della prima importante iniziativa dell’Associazione Culturale Alia Musica, un lavoro proposto e curato da Febo Guizzi e Silvio Malgarini realizzato con il sostegno di diverse istituzioni cittadine e il coinvolgimento dei media.

Tenutasi al Teatrino del Parco Trotter di Milano, dal 26 febbraio al 3 marzo 1980.

Con la collaborazione del Comune di Milano, di RadioPopolare, della Gioventù Musicale Italiana sez. di Milano.

 

In scena
Note di sala (di Roberto Leydi)

Recensioni

 

In scena

26-27 febbraio

Ensemble Alia Musica

Musica medievale dal X al XIII sec.

(musica ecclesiastica bizantina, gregoriano, inni, sequenze, Cantigas de Santa Maria, Trovatori)

 

28-29 febbraio

Kostas Papadakis “Naftis” e Stelios Lainakis

La musica modale nella tradizione dell’isola di Creta

 

1 marzo

Dionigi Burranca e Francesco Splendori

Due strumenti a bordone nella musica popolare italiana:

le launeddas e la zampogna

 

2 marzo

I Musicanti

Danze italiane del XIV sec.

 

3 marzo

Eric Montbel

Danze tradizionali della Francia centro-meridionale

(Chabreta, cornamusa del Limousin, Bechonnet, cornamusa della Francia centrale)

 

Riccardo Grazioli e Giuliano Prada

Musica barocca per ghironda e cornamusa

 

Note di sala

La cronaca delle fortune, in Italia, della musica popolare ed etnica è ancora da tracciare e forse sarebbe fatica utile, anche per illuminare il presente. Ci fu, all’inizio degli anni sessanta, il folk-revival, fenomeno inizialmente settentrionale, legato a posizioni politiche, poi anche meridionali, con quel suo impegno di ricostruzione critica e quella sua ricerca di comunicazione contemporanea. Oggi il folk-revival è fenomeno sostanzialmente concluso, o è qualcosa d’altro, lungo due strade profondamente divergenti: al nord la banale e quasi sempre maldestra imitazione del “celtismo” francese e britannico, al sud la sperimentazione di una “creatività” compromessa con il pop, il rock, il jazz, nella scia soprattutto dell’esperienza discutibile ma ancora insuperata del canzoniere del Lazio. Erede dell’opera di sensibilizazione e promozione del folk-revival è oggi il crescente interesse per la musica popolare “vera”, per musicisti “etnici”.

Se si ripensa a quei “Sentite buona gente” che, nel lontano (ormai) 1966, per la prima volta portò sulle scene di un teatro milanese cantori e suonatori popolari dal Piemonte, dalla Lombardia, dal Friuli, dalla Sardegna, dalla Puglia, dalla Liguria e si coglie l’attuale moltiplicarsi di concerti di questo genere si deve, al tempo stesso provare soddisfazione e preoccupazione.

Soddisfazione perchè quanti, come me, hanno sempre visto il folk-revival coem mezzo per determinare una rifunzionalizzazione dei musicisti popolari “veri”, il vedere che oggi molti di quei musicisti e cantori non soltanto trovano pubblico urbano e borghese, ma anche ritrovano presenza nelle loro comunità fa certo piacere.

Preoccupazione perchè alcuni segni fanno immaginare gli esiti non lontani di un nuovo rigetto della musica popolare ed etnica, determinato dall’uso sconsiderato, dilettantesco, velleitario e commerciale dei musicisti popolari, in contesti disadatti, con contorni equivoci, in mescolanze pericolose. Non vorrei (e so di non essere il solo a nutrire questa preoccupazione) che la troppo buona volontà dei nuovi adepti alla musica popolare ed etnica, in un quadro di generale disinformazione, portasse ad un consumo rapidissimo, per cattivo uso, di una cultura musicale che, invece, merita il più grande rispetto e la più vigile prudenza.

Che il quadro non sia rassicurante lo si vede anche da quanto molti fra i più attivi promotori di iniziative musical-popolari scrivono, rivelando una solida ignoranza e una tranquilla prosopopea. Raramente capita di leggere, a proposito della musica popolare ed etniche, cose corrette o anche solo sensate, in un generale entusiasmo che neppure è ormai accettato come buona scusa nel campo della musica pop (che ha ormai una sua “filologia”), per non dire nel campo del jazz.

 

Di qui il piacere di incontrare un’iniziativa come questa al Teatro del Trotter, dietro la quale si sente vocazione tanto sincera quanto informativamente e criticamente fondata tanto per un lavoro serio, anche nei riguardi del pubblico.

 Concerti non “facili”, certo, e per questo più utili. Concerti disegnati secondo un programma che tende, mi pare, a far pensare, a raffrontare, a rivedere, sia sul versante della cosiddetta”musica antica” che su quello della musica popolare.

I sei concerti cercano, infatti, di proporre senza pedanteria (ma con puntigliosità sì), una valutazione critica di un processo fondamentale nella vicenda della nostra musica, colta o popolare (se pur lungo linee sempre più divergenti). Il processo del passaggio da una “sensibilità” modale ad una “sensibilità” tonale, ponendo in un primo piano il problema dell’accompagnamento a bordone che è, senza dubbio, la linea di demarcazione fra due mondi musicali. Il bordone, allora, nella musica del passato (dal bordone fisso medievale al bordone “oscillante” nel momento della crisi del modalismo e della crescita del tonalismo) e nella musica popolare, dove è ancora dominante una “sensibilità” modale, pur nella presenza anche massiccia (a seconda delle aree) di modelli sub-culti tonali.

L’invito, allora, è a un ascolto attento, ad un ascolto critico, secondo le intenzioni persino “didattiche” degli organizzatori di questi concerti. Il che non vuol dire un ascolto “noioso”, o pedante, o scolastico. Tuttaltro. Come si fa a “godere” (usiamo pure questo vocabolo un po’ stantio) di una musica cogliendone soltanto la crosta, o i particolari, o l’epidermica comunicatività?

A chi verrebbe in mente, per esempio, di “godersi” una dizione di Hölderlin in tedesco, seguendo soltanto il dolce o impervio succedersi dei suoni, senza “capire” il tedesco?

Roberto Leydi

scena
note

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