![]() |
---|
![]() |
![]() |
![]() |
![]() |
![]() |
![]() |
![]() |
![]() |
Discografia
​
​
​
Di Alia Musica si hanno due pubblicazioni discografiche (Vinyl, LP):
1979 – Alia Musica - Alia Musica (PolyGram, MC 5500 231, prod. Jurg Grand))
1979 – Alia Musica e Mauro Pagani - Cantigas de Santa Maria (Dischi Ricordi, RCL 27085)
I brani di questo disco sono stati registrati nel giugno del 1979 presso gli Stone Castle Studios (Carimate, Como), di notte, nel cortile del castello. Nella prima traccia del lato B si sente il rumore della chiusura del portone da parte di una persona che non era stata avvisata della registrazione in corso.
​
Interpreti
Ensemble Alia Musica
Brigitte Lesne contralto, tamburello
Gerard Lesne controtenore, catene
Piergiorgio Lazzaretto baritono, bendir
Riccardo Grazioli ghironda, viella, sistri
Silvio Malgarini symphonia, ghironda, sas, sistri, voce
Robert Barto oud
Francis Biggi oud, campana, cimbali
Alexandre Regis zarb, naqqara, bendir
Febo Guizzi tamburelli, cimbalo, catene, sonagli, voce
Giuliano Prada gaita gallega, flauti di canna diritti e traversi, flauto di corno, voce
Mauro Palmas launeddas
Mauro Pagani ribeca, viella
Fabio Soragna santur, pandeiro, darbukka, voce
Tecnico del suono: Allan Goldberg
Produzione di studio e missaggio: Mauro Pagani
Fotografie: Roberto Meazza
​
Le Tracce
Lato A
1 Des oge mai (Cantiga de Santa Maria 1) [4:49] (ribeca, flauto, oud RB FB, zarb, darbukka, sistri, cimbalo)
​
2. O que en coita (Cantiga de Santa Maria 245) [5:41] (controtenore, santur, flauto, zarb)
​
3. Sempr' acha Santa Maria (Cantiga de Santa Maria 137) [2:05] (launeddas)
​
4. Martim Codax Quantas sabedes amar (Cantiga de Amigo 6) [2:13] (contralto, flauto di corno, zarb, sistri, darbukka, bordone di voci)
​
5. Cedit frigus (conductus, ms. del Monastero di Ripoll) [2:20] (symphonia, ghironda)
​
6. Virga de Jesse (Cantiga de Santa Maria 20) [2:47] (gaita gallega, naqqara, pandeiro, tamburelli, catene, sistri, campana, bendir)
​
Lato B
1. Pois que dos Reys (Cantiga de Fiesta de Nuestro Señor 2, II) [5:29] (baritono, ghironda SM, viella RG, zarb, oud FB, darbukka, tamburello, campanello)
​
2. Martim Codax Ay Deus (Cantiga de Amigo 4) [2:26] (controtenore, santur, viella RG)
​
3. Da que Deus (Cantiga de Santa Maria 77) [2:40] (ghironda)
​
4. O que a Santa Maria (Cantiga de Santa Maria 35) [3:50] (oud RB, santur, sas, ribeca, viella RG)
​
5. Santa Maria, strela do dia (Cantiga de Santa Maria 100) [3:50] (baritono, coro, symphonia, ghironda, bendir, pandeiro, tamburelli, catene, sonagli, campana, cimbali)
ALIA MUSICA si serve prevalentemente di strumenti il cui uso risale al Medioevo e che appartengono a diverse culture del bacino del Mediterraneo e del Medio Oriente, tutt'ora ben vivi nelle rispettive tradizioni.
Le ricostruzioni di strumenti storici sono invece opera dei seguenti costruttori:
symphonia: G. De Marinis, Milano 1978
ghironde: Forester, K. Reichmann, Francoforte 1974
ribeca: Bergonzi, Cremona 1975
flauto di corno: F. Guizzi, Milano 1979
naqqara: F. Guizzi, Milano 1978
​
Note riportate nel libretto allegato al disco
Le Cantigas de Santa Maria
Le Cantigas de Santa Maria sono il monumento più vasto e ricco che sia pervenuto fino a noi di tutta la tradizione monodica profana medievale. Esse sono tramandate in quattro diversi codici manoscritti, uno conservato alla Biblioteca Nazionale di Madrid, due all’Escorial, e il quarto presso la Biblioteca Nazionale di Firenze.
Il più completo di tutti, decorato di splendide miniature illustranti tutta la gamma di strumenti musicali allora in uso, è posteriore, nella sua compilazione, al 1279. In esso sono raccolte più di 400 composizioni dedicate alla Vergine, in gran parte di carattere narrativo, volte a tramandare il racconto dei più svariati miracoli compiuti dalla Madonna.
Le Cantigas decimali (10, 20, 30, …), dette Cantigas de Loor, sono invece strutturate in modo analogo alla lauda italiana, e contengono inni e preghiere in gloria della Vergine, il cui testo di carattere lirico trova ispirazione nella poesia Galiziana religiosa e amorosa.
Il Gallego-Portougues
La lingua in cui sono scritti i testi delle Cantigas è il Galiziano portoghese, principale idioma romanzo del nord-ovest della penisola iberica, che, anche quando il castigliano fu elevato al rango di lingua ufficiale di stato, conservò il ruolo di principale lingua letteraria dell’epoca, in virtù dell’importante movimento poetico sorto in Galizia alla fine del XII secolo, per influenza della poetica trovadorica provenzale unita alle radici celtiche della cultura galiziana autoctona.
Uno dei precedenti importanti delle Cantigas, in quanto compilazione dedicata a Maria e ai suoi miracoli, è la raccolta Les Miragres de Notre Dame del troviere francese Gautier de Coincy, in lingua romanza.
L’elemento ispiratore comune a queste opere va individuato, in senso colto, nella traduzione mistica dell’ideologia cortese provenzale della Fin’amor, dottrina fondata sull’idealizzazione della figura femminile, concepita come tramite verso la perfezione spirituale.
La struttura musicale
Quasi tutte le Cantigas sono composte seguendo lo schema del Virelai, secondo il quale si ha un ritornello (estribillo) all’inizio di ogni stanza (estrofa) e alla fine del canto completo, in pratica prima e dopo ogni stanza. Il ritmo su cui poggiano è a volte irregolare, o meglio asimmetrico; esso comunque cambia con grande libertà da una Cantiga all’altra seguendo la varietà delle linee melodiche.
E’ indubbio che all’origine di tanta ricchezza di composizioni ci sia una molteplice coesistenza di forme musicali: attraverso le testimonianze storiche, ma ancor più grazie a quanto si può leggere nello stesso tessuto musicale delle Cantigas è ipotizzabile che nella raccolta sia confluita l’influenza della musica arabo-andalusa accanto a quella dei trovatori della vicina Occitania, così come vi si vede affiorare l’eredità arcaica della cultura mediterranea accanto alla matrice nazionale della tradizione iberica.
A tutto ciò si aggiunge l’esempio del canto gregoriano, espressione ufficiale della teoria musicale del tempo.
La stessa varietà riscontrabile nelle fonti musicali, la si ritrova esaminando il possibile uso, come musica d’occasione, cui i brani paiono essere originariamente destinati: accanto ad arie di danza compaiono inni processionali, canti di pellegrini, melodie amorose e preghiere ispirate. La presenza araba nella Spagna del tempo suggerisce l’impiego di strumenti e ritmi propri di quella cultura, nonché l’adozione di strutture musicali canonizzate dai teorici dell’Islam sulla tecnica dell’improvvisazione.
Ulteriori indicazioni sono ricavabili dalle miniature delle Loor, le quali alternano raffigurazioni di strumenti di grande volume sonoro (quali trimbe, corni, zampogne, clarinetti a più canne, percussioni), a immagini di strumenti dalla timbrica più misurata (liuti, vielle, salteri, flauti ecc.).
La presenza del Santuario di Santiago, importante meta di pellegrinaggi, suggerisce inoltre la scelta di modi esecutivi ispirati ai canti dei pellegrini o al repertorio gregoriano.
Numerose sono poi le Cantigas che contengono melodie più vicine al patrimonio musicale tradizionale spagnolo e altre ancora caratterizate da inconfondibili ritmi di danza.
La Corte di Castiglia e Leon Alfonso el Sabio
L’ambito nel quale un materiale così variegato fu reinterpretato e riproposto era altrettanto ricco di suggestioni e di apporti culturali diversi: la corte del regno di Castiglia, infatti, per merito di Alfonso X, era un centro in cui convivevano numerosi letterati, artisti e musicisti, cristiani, iberici e provenzali, arabi ed ebrei.
Lo stesso re, ideatore della raccolta e sicuramente anche compositore di parte di essa, era un personaggio rimarchevole per i multiformi interessi culturali.
Nato nel 1221, salito al trono nel 1252, fu spinto nella sua attività politica, verso grandi ambizioni, prima fra tutte quella di diventare capo del Sacro Romano Impero, ma seppe realizzare ben pochi successi in questo campo.
Grandi meriti, invece, acquisì nel suo lavoro di promozione culturale, nel quale fu guidato da un interesse enciclopedico per l’astronomia, il diritto, le arti e le scienze naturali, la storia e la musica. Fu anche attento al patrimonio scientifico e spirituale dell’Islam, tanto da preoccuparsi della traduzione dei principali testi sacri e profani del mondo arabo.
Le Cantigas e le tradizioni culturali profane
E’ noto come nella coscienza dell’uomo medievale convivessero, accanto alla dottrina e ai riti della religione cristiana, credenze superstiziose e pratiche magiche, mai estirpate completamente dall’antico terreno della cultura pagana pre-cristiana.
Il dualismo culturale segnato da questa convivenza non fu mai spinto a un vero e proprio conflitto, dal momento che la Chiesa stessa si dimostrò capace di ricomporre, in un’unica visione, gli elementi religiosi più disparati. Momento esemplare di questa sintesi è costituito dall’evento del miracolo, di cui, come si è detto, la Cantigas ripropongono i più diversi esempi, da quelli più straordinari, a volte drammatici, a quelli più tranquillamente inseriti nella sfera minuta dei fatti quotidiani. Su tutti domina un senso popolaresco ed elementare del miracoloso, al fondo del quale si intravedono alcune tra le concezioni più irriducibili alla cultura cristiana: in primo luogo il senso magico-animistico di cui è permeata la natura, che invece, secondo la cultura ecclesiastica ufficiale è spogliata di ogni sacralità, e contrapposta alla sfera del soprannaturale, in cui è concentrata la spiritualità divina; in secondo luogo, il rapporto tra l’ordine delle relazioni tra gli uomini e l’ordine divino: l’appello del devoto alla Vergine provoca l’intervento miracoloso anche in contrasto o in contraddizione con principi etici che parrebbero più giusti alla luce della stessa morale cristiana.
Per questo le Cantigas, nonostante il loro contenuto devoto, appartengono in pieno alla cultura profana, ma, nello stesso tempo, si muovono all’interno di uno spirito decisamente religioso, anche quando si tratta di una religiosità contrastante con quella istituzionale.
Del resto, il sostrato folklorico conservato in seno alla cultura popolare dopo l’evangelizzazione, fu in parte recuperato a un livello più alto dallo stesso mondo delle corti, in occasione del movimento di rinascita letteraria dei secoli XI e XII, quando gli strati della piccola e media aristocrazia si fecero promotori di un processo di autonomizzazione della cultura clericale, attingendo al patrimonio folklorico originario.
Per tutti questi motivi le Cantigas de Santa Maria costituiscono uno spaccato mirabile della vita sociale e culturale del medioevo, in cui confluiscono le più importanti componenti della mentalità collettiva del tempo.
Le Cantigas De Amigo di Martim Codax
Nella lirica amorosa medievale tanto d'oriente come d'occidente si incontra frequentemente questo genere poetico, caratterizzato dal fatto di essere cantato da una donna che lamenta la lontananza dell'uomo amato; ancora oggi vivo nel folklore musicale della Galizia, esso fiori particolarmente nell'area compresa fra Compostela e Vigo da dove ci sono pervenute le sei « Cantigas de Amigo » del trovatore Martim Codax, le uniche accompagnate da notazione musicale. Le poche notizie relative alla vita di Martim Codax ci permettono di collocarlo al seguito di San Fernando, padre di Alfonso el Sabio.
Il Monastero di Ripoll
Completa il panorama della musica iberica un esempio di « conductus » del centro musicale di Ripoll. La caratteristica forma del « virelai » di origine provenzale, rimanda al patrimonio musicale comune ai centri monastici di quella vasta area unitaria che si estende dalla penisola iberica attraverso l'Occitania fino alla Lombardia, e consente di cogliere il rapporto di interscambio musicale che lega la penisola iberica alla cultura musicale del resto dell'Europa.
Il ritmo di danza ed il tema trattato (sostanzialmente un'ode alla primavera) fanno del conductus « Cedit frigus» un tipico esempio di quel processo di progressiva laicizzazione della musica composta nel monastero che porterà all'inizio della musica profana scritta.
Gli strumenti
Gaita gallega
Cornamusa del Nord-Ovest della Spagna (Galizia, Asturie), appartenente al ceppo celtico, è tra gli strumenti tutt'ora in uso uno dei più simili al modello più diffuso nel medioevo.
E' composta di una canna del canto in si bem. ad ancia doppia e di una canna di bordone in Si bem. ad ancia semplice, inserita separatamente in un sacco di riserva d'aria.
Flauti
In varie tonalità, ad imboccatura diritta o traversa, sono per lo più del tipo più semplice, ricavati da una canna, e provengono da vari paesi orientali. I flauti a becco torniti in legno sono invece copie fedeli del più antico flauto medievale giunto sino a noi, rinvenuto a Dortrecht in Olanda e risalente a circa metà del XIII secolo. Il flauto di corno è ricavato dal corno di un animale, sulla estremità più larga del quale è collocata l'imboccatura. Ha l'estensione di un'ottava.
Launeddas
Antichissimo strumento ad ancia della tradizione sarda.
E' omologo a strumenti più semplici della musica popolare araba, ed è rappresentato in modo pressocché identico alla forma attuale in una miniatura del codice delle Cantigas. E' composto di tre clarinetti di canna, di cui uno di bordone e gli altri due muniti di fori per la modulazione del suono. Ne esistono svariati tipi, che variano per l'intonazione ed il timbro complessivo. Viene suonato con la tecnica di respirazione circolare che consente l'emissione ininterrotta del fiato, e che ne fa in pratica una cornamusa priva del sacco, sostituito dal cavo orale.
Ghironda [e organistrum]
Cordofono a sfregamento originariamente destinato ad un uso chiesastico (organistrum) e poi diffuso in tutta Europa come strumento popolare.
Il tipo più comune nel medioevo, e raffigurato nelle miniature dell'Escorial, era chiamato « symphonia ». E' composto di varie corde (da un minimo di tre sino a sei-sette) tese su ponticelli che poggiano sulla tavola armonica. Esse sono sfregate dal bordo colofonato di una ruota di legno azionata dalla mano destra mediante una manovella. Le corde del canto (le altre sono di bordone) sono tastate mediante cunei di legno spinti dalla mano sinistra. Uno dei bordoni poggia su un ponticello mobile che, in rapporto con le variazioni di velocità della manovella, salta interrompendo la vibrazione della corda e provocando un tipico effetto ritmico.
[L'organistrum ha dimensioni molto più grandi e deve essere suonato da due persone: una aziona la manovella, l’altra si occupa di tastare i cunei di legno. Lo strumento che suoniamo, visibile nella fotografia della Home del sito, è una riproduzione dell’organistrum scolpito sul Portale della Cattedrale di Santiago de Compostela (XII sec.). Il nostro strumento è il primo organistrum realizzato dal liutaio francese Christian Rault, nel 1982.]
Ribeca
Di origine islamica (deriva dal rebab= rubeba, ribeca), è un cordofono ad arco ricavato da un unico blocco di legno scavato di foggia piriforme. E' armata di tre corde ad intervalli di quinta.
Viella
Cordofono ad arco di cui conosciamo innumerevoli tipi diffusi nel medioevo. E' per lo più a fondo piatto, con manico innestato sulla cassa armonica e tastiera rilevata. Può avere da due a sei corde.
Chitarra saracenica
Liuto a manico lungo, suonato a mezzo di plettro, di evidente origine islamica. E' molto simile ad una ricca gamma di strumenti ancor oggi in uso in Medio Oriente, della quale fanno parte il SAS, turco, ed il SETAR, persiano, di misura più ridotta.
Oud
Il nome (AL'UD, da cui lauto, LIUTO) significa « legno», « tavola ».
E' tuttora lo strumento principe della musica araba, composto di una grande cassa ovoide a fasce e di un corto manico applicato su cui corrono da nove a undici corde di budello. Introdotto in Occidente non prima del XI secolo, divenne poi lo strumento virtuosistico per eccellenza in epoca rinascimentale. Era suonato con un lungo plettro.
Santur
Il nome, persiano, è probabilmente derivante dal greco Psalterion. Si tratta infatti di un SALTERIO, di forma trapezoidale, percorso da numerosi cori di corde metalliche parallele alla tavola armonica, che poggiano su due file di ponticelli mobili che consentono un'estensione di tre ottave. Le corde sono percosse mediante due leggere bacchette di legno. E' uno strumento di origine persiana diffusosi poi in tutta Europa nel medioevo, ed in oriente fino alla Cina.
​
Zarb
Tamburo a calice monopelle di grande diametro, in legno tornito. E' il principale membranofono della musica classica persiana e risale all'alto medioevo. La grande superficie della pelle e la struttura del corpo consentono una varietà incredibile di suoni, che si traduce in una tecnica di esecuzione eccezionalmente elaborata. L'esemplare usato nella registrazione ha il corpo in terracotta, anziché in legno, per cui ha una sonorità che partecipa di quella del darbukka.
Darbukka
Tipico tamburo arabo ad una pelle, tesa su un corpo di ceramica a forma di grosso calice aperto sul fondo. E' percosso con le dita. Se ne trova un esemplare illustrato in una miniatura delle Cantigas.
Naqqara
Coppia di piccoli timpani introdotti in Occidente in seguito alle Crociate. Sono percossi con bacchette di legno ed emettono un suono grave ed uno acuto, consentito dall'apertura di un foro apicale su uno dei due tamburi.
Sistri
Idiofoni di metallo composti di piccoli dischi che percuotono una cornice ad U. Di origine antichissima, erano molto diffusi nell'Egitto dei Faraoni, da cui passarono poi nel mondo romano.
Pandero
Tamburo bipelle dal corpo cilindrico in legno; è sospeso mediante una cinghia al fianco del suonatore che lo percuote con due bacchette. E' il tipico tamburo iberico che accompagna solitamente la Gaita.
Bendir
Tamburo monopelle dal corpo a cornice circolare. E' simile ad un grande tamburello e può essere suonato sia con le dita sia con un mazzuolo.