Alia Musica 2020
Questa sezione del sito è aperta a tutti gli appassionati amanti della musica medievale, uno spazio a disposizione anche per interventi e contributi di colleghi e professionisti che, come è capitato a noi, si sono a lungo interrogati sulla sua interpretazione. Ma anche un luogo in cui lasciare riflessioni, testimonianze, ricordi.
Non dimentichiamo che il lavoro di Alia Musica risale a 40 anni fa e che, da quell’epoca, altre e diverse soluzioni interpretative della musica medievale sono state proposte. Invitiamo quindi alla partecipazione e alla condivisione.
Per parte nostra daremo conto in questo spazio delle più significative novità delle quali siamo venuti a conoscenza. E ci piace credere che - se riusciremo a far convergere nel nostro sito lavori più recenti e suggerimenti di musicisti e studiosi - solo allora potremo ritenere di aver raggiunto il nostro scopo.
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Marco Ferrari: Alia Musica 40 anni dopo
Marcel Pérès: Cantus ex tempore
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Marco Ferrari
Alia Musica 40 anni dopo
postato il 21 aprile 2020
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Quella di Alia Musica è stata una stagione intensa, feconda, collaborativa, dai risultati che promettevano molto per sviluppi futuri; malauguratamente il gruppo venne fermato dall'enormità della sfida che volle assumere oltre che dalle sfortunate cause che arrivano a volte nelle situazioni di lavoro in comune.
Con Alia Musica ho lavorato per 6 anni ad una decina di programmi diversi, di cui però quelli che rappresentarono la vera svolta interpretativa furono principalmente due: Cantigas de Santa Maria e Fami cantar sulla musica profana del 300’ italiano.
Per fede verso le idee che stavano fermentando nell’Ensemble, decidemmo con incosciente coraggio di non valerci più dei cantanti affermati e riconosciuti internazionalmente (dalla vocalità ispirata più alla musica barocca che a quella medievale), per gestire all'interno del gruppo stesso l’interpretazione vocale: Piergiorgio Lazzaretto ne divenne la voce principale, Sigrid Lee la voce femminile; Ulrich Pfeiffer interpretava il timbro vocale oltremontano; Fabio Soragna, direttore musicale sempre attento ed imparziale, era la voce di controcanto e sostegno a Piergiorgio.
Si rinnovò profondamente anche l’uso degli strumenti con l’adozione di ciaramelli tradizionali italiani, flauti doppi e launeddas, vielle, citole e chitarrini costruiti ex novo per il gruppo (su idee di Francis Biggi); infine tentammo una strada completamente nuova con l’acquisto di due lunghe trombe diritte e di una coppia di grandi tamburi bipelle da suonare con le trombe, nel tentativo germinale di ricostruire il suono dei Trombetti dei comuni italiani medioevali. Alexandre Regis incontrò a Bologna un suonatore di tamburello pugliese e ne apprese la tecnica di base, tradizionale del meridione e centro Italia; questa svolta nell'adozione di tecniche e strumenti storici italiani derivò senz'altro dalle idee dell’etnomusicologo (tra i fondatori di Alia Musica) Febo Guizzi.
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Voglio parlare della figura di Piergiorgio: era un uomo profondo e acuto, capace di dare alle idee ed ai discorsi che scambiavi nel tempo che passavi con lui, un’importanza unica ed indimenticabile; con calma e lentezza nei processi creativi e di riflessione sui problemi musicali, giovava enormemente a tutto il gruppo; era un grande conoscitore della monodia medioevale, affascinato dalla notazione neumatica e dalle sue potenzialità; potrei riassumere il suo apporto al nostro lavoro di ensemble in questi concetti che furono fondamentali: l’estetica e la tecnica vocale di una musica perduta nel passato come quella medievale, sono da ricercarsi nelle musiche modali viventi, con una netta preferenza per quelle linguisticamente più prossime; poiché la musica prebarocca e modale pervenutaci è quasi interamente vocale e poiché in questi repertori il canto rappresenta sempre il modello estetico per gli strumenti, anche per la prassi di questi ultimi è applicabile lo stesso metodo di ricerca tecnica ed estetica.
La stretta attinenza che esiste tra la musica medievale e le musiche modali di tradizione orale è un dato di fatto per una importante serie di ragioni storico-musicali; al contrario la vocalità operistica barocca e ottocentesca sono modelli storicamente non idonei; la vocalità modale di tradizione orale è dunque il modello più plausibile per l’enorme repertorio della musica monodica e polifonica europea fino al madrigale cinquecentesco e all'invenzione dell’opera lirica. Può sembrare poco, ma in realtà si tratta di un salto metodologico enorme, mal compreso dalla critica musicale e dai diversi imitatori di Alia Musica.
La vocalità modale presenta in Europa questi elementi basilari: il legato è l’emissione fondamentale del suono; l’ornamentazione riveste anche un ruolo articolatorio nei melismi; la dinamica vocale è strettamente legata alla linea melodica (generalmente: alto-forte, basso-piano) senza rappresentare un modo espressivo legato al testo (come è invece notoriamente avvenuto nel canto lirico-teatrale, dal 1600 in poi); sarebbero molti di più gli elementi di cui trattare su questo argomento, ma la prossima pubblicazione del lavoro di Piergiorgio Lazzaretto sarà un luogo più adatto.
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Bisogna comunque riconoscere la maternità di queste idee a Marie Noelle Colette, musicologa che ne ebbe la prima intuizione ed il coraggio per formularla nei severi contesti di studio del Canto Gregoriano.
Al suo lavoro si sono ispirati diversi ensembles di livello internazionale, tra gli altri: Organum diretto da Marcel Peres e Gilles Binchois diretto da Dominique Vellard. Questi ultimi sono i musicisti rappresentanti di questo metodo interpretativo che hanno avuto maggior successo; il loro lavoro è straordinario sia per il metodo che per i risultati musicali ottenuti soprattutto nel repertorio vocale al quale si sono dedicati maggiormente.
In modo del tutto assurdo ancora oggi (dopo quaranta anni da quando furono postulate queste idee sulla vocalità modale antica) i cantanti di musica pre-rinascimentale sono per la maggior parte prestati tra gli interpreti di opera barocca; potremmo dire con tristezza che fino ad ora ha avuto il sopravvento quell'interpretazione che evita di interrogarsi sul cambiamento dell’estetica vocale causato dall'invenzione nel 1600, dell’opera lirica italiana.
Oggi assistiamo ad un nuovo fermento tra i giovani musicisti che beneficiano della disponibilità enorme di musiche tradizionali da tutto il mondo, grazie alla rivoluzione comunicativa operata dalla globalizzazione e da internet; la scuola “etnica” di interpretazione della musica antica è a tutt'oggi la sola storicamente ed esteticamente plausibile, per il rispetto che assume della vocalità modale e delle tecniche strumentali ad essa ispirate; assistiamo oggi anche alla pubblicazione di un certo numero di studi che disegnano un futuro rinnovato per l’interpretazione della musica modale fino alla fine del 500’, anche se il più grande scoglio sulla strada rimane quello del modello vocale e della sua estetica; il lavoro di Alia Musica e di Piergiorgio Lazzaretto rappresenta senz'altro un fenomeno pochissimo conosciuto del tentativo di demolire questo scoglio.
Tutto o quasi il mio lavoro musicale successivo all'esperienza in Alia Musica discende dall’eredità che ne ho conservato con rispetto: I CD sulla Polifonia popolareggiante del rinascimento, sulla Polifonia semplice del basso medioevo, sulle Danze della commedia dell’arte e della Musica popolare Emiliana per violino e sulle Ballate monodiche italiane del 300’, realizzati rispettivamente dagli ensembles: Sine Nomine, Acantus, Salon de Muisques e Centotrecento, in quaranta anni di lavoro.
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Marcel Pérès
Cantus ex tempore*
postato da Fabio Soragna il 21 aprile 2020
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La pratica dell’improvvisazione è inevitabilmente il punto di arrivo per il musicista che si occupa di repertori antichi.
La tappa successiva allo studio dei manoscritti, dei trattati, dei testi aneddotici e al loro confronto con tradizioni ancora in uso, è quella di resuscitare questo patrimonio in una forma vivente, che nasce nell'immediato, davanti a un pubblico venuto per l'occasione ad apprezzare la capacità stilistica che un artista può offrire. Il fondamento della scienza musicale è sempre stato la creazione immediata, che oggi chiamiamo improvvisazione - parola che nella nostra lingua esprime un oggetto non sempre positivo - e che nel passato si chiamava cantus ex tempore, in contrapposizione al cantus ex opere, che definiva un'opera precedentemente composta.
Cantus ex tempore indica una musica che scaturisce nel momento in cui vi sono tutte e solo le condizioni per godere solo quel che offre quel momento. Era anche un modo per rendere più sacra la celebrazione di un momento particolarmente solenne; così ha origine la funzione primaria del canto dell'organum o della sua trasposizione sullo strumento che porta lo stesso nome.
Nella tradizione cattolica, per la messa e per i vespri delle grandi solennità, l'organo suonava in alternanza con il coro. Si trattava dell'antica tradizione dell'alternatim, di cui le prime testimonianze risalgono all'XI secolo. Il grande organo della chiesa non è mai stato concepito per accompagnare il canto.
E’ solo nel corso del XIX secolo che il cantus planus (canto gregoriano) comincia a essere accompagnato. La funzione dell'organo, introdotto nella liturgia intorno all'anno mille, è sempre stata quella di alternarsi con il coro in momenti ben precisi: solamente per le grandi feste, cioè una ventina di volte all’anno, e solo in due occasioni nella giornata liturgica, alla messa e ai vespri.
Alla messa l'organo si alternava con i canti dell’Ordinario - Kyrie, Gloria, Sanctus, Agnus, Ite missa est -, ai vespri si alternava con i versetti dell’Inno e del Magnificat.
L’organo suonava il primo versetto, poi il coro cantava il secondo versetto, e così di seguito. Lo strumento aveva così il tempo di sfruttare appieno tutte le sue risorse sonore e timbriche e la voce di esprimersi realmente senza essere appannata dal suono dell’organo. Ciascuno procedeva così secondo la dignità che gli era propria.
Le improvvisazioni dell’organista si articolavano intorno alla melodia che avrebbe dovuto essere cantata, interpretandola in valori lunghi, ma nello stesso tempo del coro, qualche volta in una proporzione doppia o tripla.
Era consentito impiegare diverse tecniche. Quella del cantus firmus, la più antica, consisteva nel suonare il canto in valori lunghi arricchendolo di una polifonia, tecnica che veniva usata per i versetti più solenni. Nella fuga, un frammento melodico di cantus planus era utilizzato per costruire un dialogo tra le voci. Nelle parti più elaborate, si cercava di distinguere gli ornamenti di contorno dalla melodia iniziale. L’organista poteva qualche volta improvvisare in una forma totalmente autonoma rispetto al cantus planus originario.
Le voci tacevano, ma tutti conoscevano a memoria le parole della melodia interpretata dall’organista. Il canto esteriore, attraverso l’organo, si trasformava in canto interiore al quale aderiva tutta la comunità liturgica. L’organo diventava così il medium per il raggiungimento di un rituale magico collettivo.
Marcel Pérès
* Programma di sala del concerto tenuto da Marcel Pérès a Sesto Calende (VA), nell’Abbazia di San Donato il 13 maggio 2005, al Festival del Ticino, dir. art. Fabio Soragna.